Digital Health: più dati sulla nostra salute, più responsabilità nel saperli gestire

Terapia non è sinonimo di ospedale, e non finisce quando lo si lascia per tornare a casa. Molti percorsi terapeutici continuano dopo o iniziano persino prima, nella vita di tutti i giorni, lontano dal controllo del personale medico e influenzati dal nostro stile di vita. Spesso il raggiungimento degli obiettivi della terapia dipende da quanto riusciamo a seguire le prescrizioni mediche mentre siamo soli o fuori dall’ospedale, in pratica da quanto siamo aderenti alla terapia. Ci sono pazienti che dimenticano di prendere farmaci, intraprendono stili di vita rischiosi perché non seguiti costantemente da uno specialista, abbandonano esercizi fisici di riabilitazione, o ancora interrompono completamente la terapia.

Estendere il supporto al paziente oltre le mura dei centri specializzati, oltre l’attenzione del singolo specialista e nonostante la grande variabilità della vita dei singoli individui è sempre stata una sfida con ricadute anche non indifferenti sull’esito dei percorsi terapeutici e sull’efficienza dei sistemi sanitari. Oggi, grazie a dispositivi digitali abbastanza piccoli ma anche abbastanza performanti che ci seguono sempre e dovunque durante la nostra giornata, questa sfida si sta trasformando sempre più in un’opportunità.

In un crescendo di interesse del pubblico, ma anche di investimenti e progetti che costantemente vengono lanciati sul mercato, l’applicazione delle tecnologie digitali al settore della salute si è concretizzata in una parola sempre più familiare: digital health. Wearables, app mobile, algoritmi di IA, realtà virtuale, robotica, blockchain: l’ecosistema di soluzioni che stanno rivoluzionando la salute cresce giorno dopo giorno, ma è tutta solo questione di tecnologia?

 

Oggi l’ambito healthcare è letteralmente sommerso da uno tsunami di dati. Secondo le stime di IBM, circa 1 miliardo di gigabytes di dati sono prodotti da un singolo individuo nell’arco della sua intera vita, e ci riferiamo solo a quelli strettamente legati alla salute. Un oceano di informazioni reso possibile proprio grazie a strumenti digitali. Con il passare del tempo è diventato sempre più chiaro che il by-product di tali strumenti, i dati, sono il vero valore aggiunto della digital health, capaci di aprire orizzonti che prima erano preclusi tanto a specialisti medici quanti ai pazienti stessi.

L’impatto del digitale si estende a ogni aspetto della salute. Partiamo da quello più immediato: il wellness, inteso come stato di benessere generale che comprende attività fisica, attitudini mentali, routine positive per la nostra salute. In questo ambito la digital health si presenta sotto forma delle numerose app di fitness associate a wearable come Fitbit, capaci di monitorare la nostra attività fisica fornendoci metriche chiare e oggettive per misurare i nostri progressi, notificare il nostro successo e restituendoci feedback su come e cosa possiamo migliorare.

Soluzioni digitali permettono di prevenire l’insorgenza di malattie e stati patologici, stimolando stili di vita salutari, puntando a ridurre la sedentarietà e favorendo così l’abbassamento di pressione arteriosa e una migliore attività cardiorespiratoria. Altri servizi puntano invece a predire l’insorgenza di malattie, come ad esempio test genetici di ultima generazione che ci forniscono una stima del rischio che abbiamo nello sviluppare particolari patologie, permettendoci così di agire in anticipo per prevenire la concretizzazione del rischio stimato.

La digital health se opportunamente contestualizzata può essere usata a supporto di terapie, fisiche o mentali, favorendo una migliore informazione del paziente, un migliore rapporto col medico, supportando l’aderenza alla terapia e il monitoraggio dei pazienti sia in ospedale sia da remoto durante il follow up. Al momento della diagnosi, gli specialisti medici possono essere affiancati da sistemi basati su intelligenza artificiale per diagnosticare condizioni patologiche con un’accuratezza persino superiore all’analisi esclusivamente umana. Infine, non sono poche le soluzioni orientate a migliorare l’amministrazione e la gestione della burocrazia sanitaria, ambito da cui originano ancora consistenti sprechi economici e ritardi.

Secondo Global Market Insights, il mercato della digital health raggiungerà un valore di 504 miliardi di dollari entro il 2025 con un CAGR del 29,6%. Un orizzonte di opportunità sia per Paesi già all’avanguardia tecnologica quali Stati Uniti, Cina, UK, Germania, Israele ed Emirati Arabi Uniti sia per numerosi altri che vedono nel digitale un mezzo per modernizzare il proprio sistema sanitario riducendo contestualmente sprechi e costi, migliorandone così la competitività sul panorama internazionale. Ma non ci sono solo opportunità.

In molti casi, digitalizzare il sistema sanitario comporta ingenti investimenti iniziali che invece di aumentare l’accessibilità alle cure potrebbe avere l’effetto opposto, ossia ampliare il gap tra ricchi e poveri. Tali spese riguardano non solo la logistica ma anche il personale umano coinvolto che va adeguatamente formato e aggiornato nel tempo. Proprio la mancanza di personale con skills fortemente trasversali tra medicina e ingegneria rappresenta uno dei principali ostacoli che rendono spesso la digital health ancora una questione di hype invece che di opportunità concreta. Inoltre, l’introduzione di soluzioni digitali fa emergere criticità quali gestione della privacy e sicurezza dei dati che aumentano ulteriormente le risorse da investire per poter intraprendere l’intero processo.

L’opportunità racchiusa nella digital health è proporzionale alla nostra capacità di intercettare e prevenire quanto prima le criticità appena esposte, puntando a standardizzare gli approcci alla tecnologia evitando di frammentare l’assistenza sanitaria, non solo a livello globale, ma anche a livello regionale nei singoli Stati dove l’ineguale distribuzione di risorse potrebbe favorire un divario ancora più marcato tra servizi di serie A e servizi di serie B. Alla base di tutto, la volontà e interventi concreti per riformare l’educazione del personale medico-sanitario, che va fortemente radicato nel rigore metodologico della professione, ma proiettato con decisione e consapevolezza nel futuro per anticiparne lo sviluppo e portarlo nel presente, qui e ora, al servizio dei pazienti.

Valentino Megale
Imprenditore in digital health, PhD in neurofarmacologia e divulgatore su nuove tecnologie e biotech. CEO e Co-founder di Softcare Studios, startup impegnata a migliorare il supporto ai pazienti e l’efficienza dei trattamenti medici utilizzando le tecnologie immersive. Co-founder di Open BioMedical Initiative, organizzazione non-profit che esplora l’impatto sociale di tecnologie digitali a supporto di disabilità e accessibilità alle cure mediche.